Far tornare a casa da solo un bambino di otto anni. Cosa deve fare la scuola in questi casi? E la famiglia?

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La newsletter settimanale di Tuttoscuola Lunedì,12 dicembre 2016 

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Il preside rifiuta la richiesta di una famiglia con difficoltà ad essere presente al momento dell’uscita da scuola, di far tornare a casa da solo un bambino di otto anniLa mamma dell’alunno lo aggredisce arrivando persino a mettergli le mani addosso. Accade qualche giorno fa in una scuola di Catania, sollevando non poche polemiche. Da una parte, se la scuola avesse acconsentito alla richiesta dei genitori sarebbe potuta andare incontro all’accusa di “abbandono di minore”, dall’altra ci troviamo di fronte a una mamma che per motivi di lavoro non può andare a prendere il proprio figlio a scuola e alla quale è stato vietato pure di far venire l’altra figlia 17 enne a prendere il fratellino, in quanto minorenne anch’essa. Cosa deve fare la scuola in questi casi? E la famiglia?

Mamma aggredisce preside – Il parere dell’esperto
La vigilanza sugli alunni è tema o preoccupazione così importante per tutti gli operatori della scuola che l’Avvocatura dello Stato di Bologna, alcuni anni fa, è stata sollecitata a fornire precise indicazioni in merito.

Le indicazioni della Avvocatura – Queste riguardano, in particolare, gli alunni di scuola primaria al momento dell’uscita da scuola e iniziano col dire che la vigilanza, a tutela di questi ultimi, deve essere esercitata dal momento dell’ingresso a scuola sino a quando non venga sostituta – di norma – da quella dei genitori. Né costituiscono esonero di responsabilità della scuola – si aggiunge – le eventuali disposizioni date dai genitori di lasciare – ad esempio – in un determinato luogo i minori, attesa la possibilità, pur potenziale, di eventi dannosi per gli stessi.

Autorizzazione da parte dei genitori? Solo una prova dell’omissione di vigilanza dovuta  E ancora, viene sottolineata la inopportunità di richiedere ai genitori le “autorizzazioni” per il rientro a casa da soli dei minori, con la conseguente formula di esonero di responsabilità della scuola, in caso di incidenti occorsi agli stessi alunni in tali situazioni o circostanze. Viene spiegato, infatti, che le autorizzazioni (cosiddette liberatorie ), in caso di lesioni subite dagli alunni dopo l’uscita da scuola, lungi dal sollevare la scuola dalla responsabilità, possono costituire, per contro, prova della consapevole omissione della vigilanza dovuta.

Mamma aggredisce preside. Il preside di Catania? Si è attenuto all’indicazione dell’Avvocatura – L’Avvocatura chiude il proprio esame rammentando l’obbligo di riaffidare – all’uscita da scuola – i minori ad altri soggetti comunque maggiorenni; soggetti, questi ultimi, dotati della giuridica “capacità di agire” e perciò stesso in grado di tutelare e salvaguardare adeguatamente i minori loro affidati. Potremmo dire che si è attenuto scrupolosamente all’indicazione dell’Avvocatura dello Stato di Bologna questo dirigente scolastico di Catania, aggredito dalla madre per il suo rifiuto di consentire l’uscita da scuola del figlio non accompagnato. Tuttavia.

Il commento del Pubblico Tutore dei Minore del Friuli Venezia Giulia – La disamina della Avvocatura, che ha avuto vasta eco nazionale tra gli addetti ai lavori, ha indotto un commento critico e una diversa soluzione del problema da parte del Pubblico Tutore dei Minori della regione Friuli Venezia Giulia. Il Pubblico Tutore, dopo avere convenuto che le cosiddette liberatorie rilasciate dalle famiglie non hanno alcun valore giuridico, obietta, però, che quanto prospettato:

– integra una mera visione custodialistica della scuola, intesa come luogo che esiste per il diritto soltanto se impedisce o evita situazioni di danno per gli alunni;
– ignora il diritto di ogni alunno alla graduale acquisizione della propria autonomia personale e sociale, da conseguire tramite un percorso correlato all’età, alle capacità e alle aspirazioni; percorso a cui devono contribuire, obbligatoriamente, la famiglia e la scuola.

Di conseguenza, il Pubblico Tutore ipotizza una diversa richiesta da parte genitori alla scuola, in cui gli stessi:

– richiamano il diritto del figlio alla progressiva acquisizione della autonomia personale e sociale, in rapporto all’età e alle naturali inclinazioni;
– dichiarano di non poter produrre alcun atto definito quale “liberatoria”, attesa la nullità giuridica di detto atto;
– sottolineano che la richiesta non è finalizzata “all’abbandono” del proprio figlio in una situazione di pericolo, bensì per permettere la piena realizzazione della personalità attraverso la promozione di una maggiore autonomia d’azione, all’interno di un contesto adeguato alla sua effettiva maturità:
– assicurano che il figlio conosce bene ed è stato adeguatamente addestrato a percorrere il percorso casa-scuola-casa, oltre che sensibilizzato a porre in atto adeguate e diligenti azioni comportamentali;
– richiedono, pertanto, che il rientro a casa del figlio possa avvenire da solo.

La relazione scuola – genitori – Dunque, sono questi gli elementi che, unitamente alle valutazione delle condizioni ambientali (quali, ad esempio, l’ubicazione della scuola, il volume del traffico, la lontananza dell’abitazione dell’alunno dal centro abitato, ecc…), nonché l’età e il rilevato comportamento scolastico dell’alunno, possono consentire al dirigente scolastico di corrispondere o meno, in maniera ponderata, alle istanze avanzate dai genitori. Così facendo, la natura della vigilanza si esplica, non già come semplice custodia, ma quale componente di una sostanziale, condivisa e produttiva relazione giuridica tra scuola e genitori. Non deve esserci, dunque, un’applicazione acritica e meccanica dell’indicazione dell’Avvocatura, ma piuttosto una ponderata decisione del dirigente scolastico che tenga conto di tutte le motivazioni addotte dalla famiglia.

 

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  • Catania, mamma aggredisce preside. Che fine ha fatto l'alleanza scuola - famiglia?

  • La responsabilità’ e’ mia e voi fatevi i c.. vostri” . Queste le parole che una mamma ha rivolto a un dirigente scolastico di una scuola di Catania, colpevole di essersi rifiutato di far tornare a casa da solo un bambino di otto anni, come invece richiesto dalla sua famiglia. “Lavoro tutta la settimana fino alle 15. Non posso venire a prendere mio figlio e non me ne vado fino a quando non fate come dico io”, ha continuato la mamma. La risposta del dirigente: “Ha 8 anni. Neppure se lei firma un foglio di presa di rischio. Commetteremmo un reato, abbandono di minore“. Il preside ha poi aggiunto che la famiglia non avrebbe neanche potuto farlo venire a prendere dalla sorella di 17 anni perché anch’essa minorenne. Ma che fine ha fatto l’alleanza scuola – famiglia?

     L’aggressione al preside – “Ha iniziato a coprirmi di improperi. Da quella bocca e’ uscito di tutto – racconta il preside intervistato da Repubblica – e quando le ho chiesto di uscire dall’ufficio mi e’ saltata addosso. Mi ha tirato due sberle, mi ha graffiato con tutta la rabbia che aveva dentro”. 

     Richieste estreme Vs bisogni delle famiglie: cosa fare? – Sempre più spesso a scuola si ricevono richieste eccessivamente personalistiche, a volte bizzarre e, nei casi più estremi come questo, deliberatamente contro la legge. Certo, condannando la reazione violenta della mamma di Catania, va considerato però anche il dato oggettivo di una madre che per motivi di lavoro non può essere presente all’uscita del figlio e che rispetto all’eventuale presenza di una figlia diciassettene sia stata eccepita la minore età della stessa. Se non ha altre possibilità rappresentate per esempio da nonni o amici è chiamata a scegliere o di essere presente o di rinunciare al lavoro. Come fare, allora, per evitare lo scontro continuo con le famiglie e i loro bisogni?

     Riscoprire l’importanza dell’alleanza educativa tra scuola e genitori – La parola d’ordine in questi casi è infatti “alleanza”. Le indicazioni nazionali esplicitamente sottolineano l’importanza di un’alleanza, profonda e duratura, tra scuola e famigliaLa scuola perseguirà costantemente l’obiettivo di costruire un’alleanza educativa con i genitori. Non si tratta di rapporti da stringere solo nei momenti critici, ma di relazioni costanti che riconoscano i reciproci ruoli e che si supportino vicendevolmente nelle comuni finalità educative” (Indicazioni Nazionali per il curricolo della scola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, pag.10).

     Da cosa partire – Costruire un’alleanza  scuola – famiglia significativa richiede passione, coraggio, costanza e rispetto reciproco. Significa prevenire lo scontro e promuovere un dialogo in tutti i momenti dell’anno, anche quando gli interlocutori non si mostrano disponibili. E’ indispensabile che ci sia un’attenzione ai rapporti con la famiglia non solo nei momenti di crisi, ma durante ogni fase dell’anno. L’alleanza scuola – famiglia  è dunque un obiettivo da raggiungere ed è continuamente minata dalle numerose insidie che la quotidianità scolastica porta con sé.

     Fare qualcosa subito, ma insieme – Inutile negare che casi come questi lasciano l’amaro in bocca. “Potrebbe succedere anche a me“, avranno pensato molti insegnanti o dirigenti. Contemporaneamente molti genitori potranno aver pensato che la scuola a volte rischia di essere eccessivamente distante dalle loro richieste e dai bisogni familiari. Questi episodi spingono a chiederci quale sia lo stato di salute dell’alleanza tra la nostra scuola e le famiglie e, per cambiare prospettiva, tra la nostra famiglia e la scuola dei nostri figli. Appare urgente, e ormai inderogabile, un’azione concreta di lavoro anche extra-didattico, che punti a cementare i rapporti e a qualificarli. Promuovere percorsi di conoscenza reciproca, di sviluppo delle soft skills, attività di collaborazione reciproca. E’ urgente che famiglia e comunità docente ci si incontri anche sul fare qualcosa insieme.

     Tutto nelle nostre mani – Solo se la scuola e la famiglia riusciranno a incontrarsi in un terreno comune, che è il benessere degli alunni, sarà possibile passare dall’emergenza educativa alla progettazione di attività di miglioramento della qualità dei rapporti. Solo in questo modo riusciremo a rispondere alle richieste dei nostri alunni, a soddisfare il loro bisogno di un messaggio educativo condiviso e coerente. La sfida è lanciata, sta a noi prenderla.

  • Mamma picchia preside: chi ha ragione?

  • Ennesima aggressione di un genitore nei confronti di personale scolastico. Questa volta l’aggredito è un dirigente scolastico di una scuola primaria di Catania, e l’aggressore è la madre di un alunno di otto anni frequentante la terza in quella scuola. La donna, infuriata per il rifiuto del dirigente di consentire il ritorno a casa del figlio non accompagnato da un adulto, ha preso a sberle il capo d’istituto.

    Non restiamo in superficie – Sul web sono state numerose le dichiarazioni di riprovazione dell’episodio da parte di politici e di associazioni, preoccupati per la frequenza (forse in aumento) del preoccupante scadimento della qualità dei rapporti tra scuola e famiglia. Anche noi di Tuttoscuola non possiamo esimerci dal condannare il riprovevole episodio, frutto – vogliamo sperare – di una situazione personale giunta al limite che ha indotto la madre a perdere il controllo. Ma vogliamo anche andare a fondo della questione.

    Partiamo dalle cause: cos’è che spinge una mamma a picchiare un preside? – La causa dell’aggressione, in casi come questi, passa in secondo piano; probabilmente tra un po’ di tempo si ricorderà più l’episodio di violenza che la causa che lo ha generato. Invece noi vogliamo soffermarci proprio su questa. Secondo quanto riferito da fonti giornalistiche, la madre, impegnata nel lavoro, non è in grado di andare a prendere il figlio all’uscita dalla scuola e chiede il permesso di farlo uscire per tornarsene a casa da solo. Il dirigente respinge la richiesta non acconsentendo, nemmeno, che la sorella del bambino venisse a ritirarlo, in quanto minorenne. Chi ha ragione? La madre impossibilitata al ritiro del figlio per ragioni di lavoro o il dirigente scolastico responsabile del minore affidatogli dalla famiglia?

    Chi ha ragione? – Spiace dirlo: pur essendo comprensibile la situazione della madre, la ragione è del dirigente scolastico. Sono numerose e univoche le pronunce di tribunali e i pareri dell’Avvocatura dello Stato: il minore non può essere lasciato solo e nessuna liberatoria della famiglia potrebbe assolvere la scuola dalla responsabilità per danni arrecati agli altri o a se stesso da parte del minore lasciato incustodito. Il preside quindi non sbaglia, anche se il suo può sembrare un atto burocratico dettato da un eccesso di zelo: consentire che l’alunno se ne ritorni a casa da solo potrebbe configurarsi come abbandono di minore.

    La scuole ha responsabilità sui minori affidati – La famiglia che affida il proprio figlio alla scuola trasferisce su quest’ultima la responsabilità della vigilanza sul minore, fino al momento della riconsegna dello stesso alla famiglia, come si evince dall’articolo 2048 del codice civile. Ovviamente la questione si pone soltanto nel caso di alunni in età minore che non hanno piena autonomia personale, altrimenti, se presa alla lettera la norma, quasi tutti i ragazzi delle superiori che non hanno compiuto ancora 18 anni dovrebbero attendere che sia un genitore o un adulto da questi delegato a ritirali da scuola. Li salva la loro autonomia personale, per fortuna. Nel caso di Catania, o in altri casi analoghi, il problema potrà essere superato con delega scritta della madre nei confronti di altra persona adulta di sua fiducia. 

  • Genitori che aggrediscono insegnanti: ecco perché è un boomerang

  • In questi giorni nella homepage di Tuttoscuola.com campeggiano due notizie di analoga gravità: “Papà entra a scuola e picchia il bidello” e “Mamma picchia preside: chi ha ragione?”. Colpiscono da una parte la ricorrenza del verbo picchiare riguardo a fatti che avvengono tra le mura di una scuola dall’altra il continuo e inarrestabile susseguirsi di episodi di aggressivitàda parte di genitori verso il personale scolastico.

    Questo fenomeno negli ultimi anni è in continuo aumento al punto che in una nazione a noi vicina, la Francia, è comune che gli insegnanti si assicurino riguardo ad un’eventuale aggressione di uno studente o di un genitore per garantirsi una tutela legale e un supporto psicologico.

    Come mai le insoddisfazioni che a volte legittimamente i genitori possono avere si esprimono in alcuni casi sotto forma di aggressioni agli insegnanti?

    Il quesito è complesso ma certamente nella società attuale la figura dell’insegnante e la stessa scuola sono percepite come poco autorevoli e non espressione diretta di un sistema educativo che rappresenta lo Stato.

    La percezione di scarsa autorevolezza dell’istituzione scolastica consente a genitori che hanno già di per sé familiarità con un’interazione aggressiva di considerare il rapporto con la scuola come un confronto in cui se c’è un contrasto si è autorizzati a difendersi e a volte ad attaccare da soli, con le buone o con le cattive.

    Rinunciando alla ragionevolezza del confronto seppur aspro, alcuni genitori non si accorgono di distruggere nell’idealità dei loro figli, un bene prezioso, che invece è insito nel sano processo educativo e cioè che qualunque sia il contrasto c’è sempre la possibilità di arrivare ad una soluzione in modo dialettico e costruttivo.

    Invece, il genitore che ha esercitato un atteggiamento aggressivo verso qualunque persona dell’istituzione scolastica si ritrova lo sguardo di un figlio che ha capito che l’aggressività è la forma vincente di interazione sociale. Un boomerang che travolgerà da lì a poco lo stesso genitore.

    Psichiatra e Psicoterapeuta

 

A cura di Ing. Pasquale Francesco Costante
2011.
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