IL TRAGICO INFORTUNIO DURANTE IL VIAGGIO D'ISTRUZIONE A FIRENZE: Sentenza n.21/2015 Corte d'Appello di Trieste

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Il tragico infortunio occorso durante il viaggio d'istruzione a Firenze: note a margine della Sentenza n. 21/2015 della Corte d'Appello di Trieste
(giudizio di rinvio a seguito della Sentenza 8 febbraio 2012 n. 1769 della Corte di Cassazione) 

Lorenzo Capaldo - Avvocato dello Stato

IL FATTO

L'originaria domanda risarcitoria era stata proposta nei confronti del Ministero dell'Istruzione, dell'istituto scolastico nonché nei confronti della società proprietaria dell'albergo in relazione a una tragica vicenda che aveva visto una ragazza, all'epoca sedicenne, precipitare da una terrazza dell'albergo medesimo nel cuore della notte,mentre cioè si supponeva stesse dormendo.
Dalla caduta la studentessa aveva riportato lesioni gravissime, di talché, prima del giudizio civile, l'autorità giudiziaria aveva aperto un procedimento penale volto ad acclarare le responsabilità dell'accaduto.
Dagli accertamenti compiuti dall'Arma dei Carabinieri era emerso che la raqazza, dopo aver consumato la cena, aveva dichiarato di volersi ritirare per dormire; successivamente, apriva la finestra della stanza, ne scavalcava il parapetto, per appartarsi con altro studente presso il lastrico solare, con il quale consumava delle sostanze oppiacee. Costui si allontanava lasciando la ragazza da sola che, forse per un improvviso impulso suicida, forse per disattenzione, forse perché non lucida cadeva nel vuoto. Il procedimento penale si concludeva con l'archiviazione, non essendo emerse
responsabilità penalmente rilevanti a carico di alcuno.
L'interessata, nel frattempo divenuta maggiorenne, instaurava il giudizio civile, lamentando sostanzialmente:
a) la violazione dell'obbligo di vigilanza da parte dei docenti accornpaqnatorì;
b) la non conformità dei locali dell'albergo ai regolamenti edilizi e di sicurezza,

Il Tribunale di Trieste, con Sentenza 14 marzo 2005, n. 396, respingeva la domanda osservando che "non può ritenersi che l'obbligo di sorveglianza possa/debba spingersi fino a una penetrante perquisizione personale di tutti gli alunni sedicenni partecipanti alla gita (e in ogni momento di questa) in modo da poter rilevare l'eventuale possesso di sostanze stupefacenti e provvedere al loro immediato sequestro; né può richiedersi al sorvegliante responsabile l'obbligo di vigilare anche sulla continuità del sonno degli\ allievi che, maggiori di anni sedici, dichiarino di volersi ritirare nella propria stanza per riposare".

Sempre secondo il Tribunale, doveva ritenersi irrilevante la ricostruzione dell'esatta altezza del parapetto, dovendo imputarsi all'esclusiva responsabilità dell'infortunata l'aver volontariamente scavalcato dopo l'accesso ad un lastrico solare non destinato al passaggio, inapplicabile la disciplina in materia di infortuni sul lavoro ed inutile anche un'eventuale segnalazione di pericolo, che non sarebbe stata avvistabile per la tarda ora. 

La Sentenza era appellata dalla vittima dell'infortunio.

La Corte d'Appello di Trieste, con Sentenza 1 ottobre 2009, n. 375 confermava la decisione di primo grado, affermando che "La sorveglianza del docente non può spingersi ad un controllo che ecceda la privacy dei ragazzi, sia per quanto concerne l'eventuale possesso, da parte degli stessi, di sostanze stupefacenti, sia per quanto concerne il sonno".  Allo stesso modo, osservava la Corte, "Il controllo delle strutture murarie dell'albergo in cui gli studenti sono ospiti non può estendersi sino al punto richiesto dalla difesa (controllo dei balconi, delle misurazioni dei loro parapetti, del lastrico solare), in quanto si tratta idi strutture idonee ed aperte al più largo pubblico (non solo adulti ma anche famiglie con bambini) e di ragazzi che, per quanto minorenni, essendo prossimi alla maggiore età, hanno un sufficiente e più oculato senso del pericolo".

Ancora una volta si ribadiva "come del tutto irrilevante è la circostanza che il parapetto del balcone della stanza n. 212 fosse stato di 85 cm (come risulta dal sopralluogo della Scientifica della Procura della Repubblica di Firenze) o di 88 cm, come asserito dall'appellante medesimo, anziché di un metro, atteso che l'evento non si è verificato a seguito di caduta da esso della XXX, ma perché la ragazza, con comportamento volontario lo ha scavalcato (e avrebbe potuto agevolmente scavalcarlo anche se fosse stato di un metro di altezza e con uno spessore maggiore di quello riscontrato e documentato dal difensore), accedendo ad un lastrico solare che non costituiva zona di calpestio essendo destinata a funqere da copertura ai piani sottostanti dell'albergo".

Né poteva ritenersi applicabile al caso di specie il DPR n. 547/55 che regola fattispecie del tutto diverse relative agli infortuni sul lavoro. "L'altezza e lo spessore del parapetto avrebbero potuto rivestire importanza fondamentale qualora il balcone si fosse affacciato sul vuoto e, o per cedimento della struttura o perché troppo basso il parapetto,la ragazza fosse caduta da esso. Inidoneo ad evitare l'evento sarebbe stata qualsiasi segnaletica di pericolo apposta sul lastrico, atteso che la XXX si è avventurata su di esso,in tempo di notte o comunque ad ora tarda (si era nel mese di marzo), scavalcando il parapetto del proprio balcone che, non affacciandosi direttamente nel vuoto, già costituiva di per se una cautela volta a dissuadere il calpestio del lastrico solare, in luogo non illuminato (anche ammesso che quella sera vi fosse luna piena) da luce artificiale: elemento, quest'uitimo, idoneo ad indicare che il lastrico non era praticabile. Tale ultima circostanza è desumibile logicamente dal fatto che, se fosse stata illuminata la zona, la ragazza si sarebbe accorta del canale di scolo, anche se costruito in materiale simile alla restante copertura".

La parte lesa proponeva quindi ricorso per cassazione, lamentando l'erroneità della Sentenza di secondo grado che aveva mandato assolti da responsabilità tanto il Ministero quanto il gestore dell'albergo.
Con riferimento alla posizione dell'Amministrazione Scolastica, sosteneva la ricorrente che erroneamente la Corte d'Appello ne avrebbe escluso la responsabilità, dovendo questa essere ricondotta all'omessa preventiva verifica della sicurezza della struttura e nella carente vigilanza sulla condotta degli studenti; con la conclusione che, essendo venute meno anche le più elementari misure organizzative per mantenere la disciplina, non poteva affermarsi l'imprevedibilità dell'evento.

La Sentenza 8 febbraio 2012, Il. 1769 della Cassazione

Com'è noto, la Suprema Corte, ha cassato la decisione dei secondi giudici alla luce del seguente iter motivazionale.
Anzitutto con un evidente sconfinamento nell'apprezzamento del fatto, la Corte assume come dato pacifico la pericolosità dell'albergo, ritenendo sussistente in capo al proprietario la responsabilità per cose in custodia (art. 2051 c.c., che limita La prova Liberatoria alla dimostrazione del caso fortuito). Ciò appare condizionare anche la valutazione della culpa in vigilando della scuola, che ne è rimasta travolta per "tracimazione" con un consequenziale ampliamento dei suoi già vasti orizzonti.

La Corte ricorda infatti che "quanto [ ..} al caso di danno cagionato dall'alunno a sé medesimo, la responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che - quanto all'istituto scolastico - l'accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell'allievo alla scuola, determina l'instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che. l'allievo procuri danno a se stesso" (fin qui nulla di nuovo).

Secondo il regime probatorio vigente in ambito contrattuale, prosegue la Corte "mentre l'attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull'altra parte incombe l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all'insegnante" (ancora una volta si tratta della conferma di un indirizzo consolidato).

A questo punto la Cassazione prende in esame La "particolare fattispecie dello svolgimento di una gita scolastica o viaggio di istruzione".
Ebbene, argomenta il collegio, "la prestazione di vigilanza dell'istituto, come in concreto espletata dai professori accompagnatori, assume connotati particolari: di certo, il carattere continuo del contatto con gli studenti durante l'intera giornata, comprendente quindi le normali attività quotidiane e proprie della sfera di riservatezza più intima dell'individuo, impone di limitare l'entità e le stesse modalità della vigilanza, affinché non violino oltre il necessario la sfera suddetta; ed un'attività di ispezione continua e prolungata è in radice esclusa, oltre che francamente impossibile, soprattutto quanto alle ampie frazioni di giornata che il singolo alunno trascorre comunque nell'intimità della propria stanza di albergo".

Sennonché, "per dimostrare la carenza di colpa non deve però ritenersi sufficiente quanto appena indicato; proprio perché il rischio che, lasciati in balia di se stessi, i minori possano compiere atti incontrollati e potenzialmente autolesivi, all'istituzione è imposto un obbligo di diligenza per così dire preventivo, consistente, quanto alla gita scolastica, nella scelta di vettori e di strutture alberghiere che non possano, né al momento della loro scelta, né al momento della Loro concreta fruizione, presentare, rischi o pericoli per l'incolumità degli alunni". 

Secondo la Suprema Corte la decisione dei giudici di merito deve ritenersi erronea "per avere incongruamente escluso l'obbligazione contrattuale di garantire l'incolumità dell'alunno dinanzi alla scelta di una struttura, definendola di per sé idonea sol perché aperta al più largo pubblico e per di più in considerazione della capacità di discernimento che normalmente ci si può attendere da ragazzi prossimi alla maggiore eta". Come rilevato, infatti, secondo la Cassazione l'obbligo di protezione sui ragazzi rileva non solo "al momento della scelta in sede di organizzazione del viaggio ed in tal caso solo sulla base della documentazione disponibile", ma anche successivamente, "al momento della concreta fruizione ed in tal caso all'esito di una sia pur sommaria valutazione sul posto delle condizioni". 

Sostanzialmente, non è sufficiente aver scelto una struttura notoriamente frequentata dal largo pubblico in forza di un'ordinaria procedura comparativa; al contrario, allorché il viaggio d'istruzione ha luogo, "l'istituzione deve valutare preliminarmente l'assenza di rischi evidenti o di pericolosità dei beni coinvolti nell'espletamento del viaggio, siano essi quelli di trasporto, siano essi quelli ove gli alunni dovranno alloggiare; solo in tal modo, infatti, l'istituzione può dimostrare di avere tenuto anche una condotta idonea, con valutazione necessariamente ex ante, a garantire la sicurezza dell'alunno pure durante l'espletamento della peculiare attività in cui si estrinseca La gita scolastica".

Applicando i suddetti principi, opina la Cassazione che "La peculiare connotazione almeno della camera della vittima - che con ogni verosimiglianza non poteva essere rilevata al momento della scelta, sulla carta, della struttura alberghiera all'atto dell'organizzazione del viaggio avrebbe dovuto indurre il personale accompagnatore a rilevare, con un accesso alle camere stesse, il rischio della facile accessibilità al solaio di copertura, vale a dire al Lastrico solare percepito come terrazza, per poi adottare misure in concreto idonee alle circostanze potendo esse, a seconda di queste, fondarsi su di una valutazione di complessiva inaffidabilità della struttura (con rifiuto di alloggiarvi, ricerca di soluzioni alternative anche tramite l'organizzatore o, in caso estremo, rientro anticipato), oppure della sola stanza (con richiesta di immediata sostituzione della medesima con altra priva di analoghe situazioni di pericolosità), ovvero potendosi Limitare, in relazione alla capacità di discernimento del singolo ragazzo ivi ospitato, ad impartire adeguati e comprensibili moniti a non adottare specifiche condotte pericolose (come l'avvertimento a non impegnare il solaio di copertura - Lastrico solare terrazza, facilmente accessibile nonostante La sua pericoLosità)".

Quindi:
il personale accompagnatore avrebbe dovuto:
- effettuale una ricognizione di tutte le stanze assegnate ai ragazzi;
- valutare, per ogni stanza, l'insita pericolosità della stessa;
- ricercare soluzioni alternative, se del caso anche terminando prematuramente il viaggio; 
- in ogni caso, impartire moniti preventivi agli alunni (nel caso di specie: non aprire la finestra di notte, non scavalcare il parapetto e non inoltrarti sul lastrico solare).

Quanto sopra prescindendo dal fatto che la struttura alberghiera fosse conosciuta e normalmente frequentata da famiglie con bambini di tenera età.

La riassunzione della causa avanti altra sezione della Corte d'Appello di Trieste

La pronuncia della Corte di Cassazione non aveva affatto esaurito il giudizio,essendosi la Suprema Corte limitata ad annullare la sentenza di secondo grado,confermativa della decisione di rigetto del Tribunale. La parte danneggiata ha quindi riassunto il procedimento innanzi ad altra sezione della Corte d'Appello di Trieste,insistendo per l'affermazione della civile responsabilità dell'albergatore e dell'amministrazione scolastica, il cui contributo causale doveva ritenersi preponderante rispetto al pur eccepito proprio concorso di colpa.
Il nostro diritto processuale non prevede, salvo casi eccezionali, che il giudice del rinvio possa esperire una nuova istruttoria. In sostanza, i fatti s'intendono cristallizzati per come sono stati accertati nei precedenti gradi di merito, essendo la Corte d'Appello tenuta a pronunciare una nuova sentenza che decida il merito attenendosi scrupolosamente ai principi di diritto dichiarati dalla Corte di Cassazione, principi che hanno valore vincolante e non possono costituire oggetto di contestazione tra le parti.'
Il contraddittorio era quindi nuovamente esteso nei confronti delle società assicuratrici di entrambe le parti convenute.

A questo punto, il collegio disponeva procedersi all'assunzione di una consulenza tecnica medico legale d'ufficio volta alla quantificazione dei danni alla persona riportati dalla vittima del sinistro.

In questo contesto probatorio "chiuso" il Ministero ha ribadito le proprie difese, evidenziando, tra le altre cose, come dalle risultanze processuali dei primi gradi di giudizio ernerqesse che la giovane conosceva concretamente le condizioni del luogo (in particolare l'estensione e l'assenza di muretti o spallette del lastrico solare),in quanto prima del sinistro, lo aveva percorso almeno una volta (il che, faceva venir meno, l'imprevedibilità del pericolo e l'insidiosità del luogo). Rilevava inoltre il Ministero come il giudice del rinvio non potesse esimersi dall'affrontare il tema dei confini del principio di autoresponsabilità di un soqqetto ultrasedicenne: invero, se costui è ammesso a decidere in autonomia (assumendosene le pesanti responsabilità, non solo giuridiche) se interrompere una gravidanza, se rifiutare le prestazioni sanitarie, se stipulare un contratto di lavoro, se avvalersi dell'insegnamento religioso, se partecipare agli organi collegiali della scuola e via dicendo, non si comprende come egli non debba farsi carico delle conseguenze di un reiterato quanto sconsiderato uso improprio del terrazzino di un albergo.

Era certo che la giovane per almeno due volte aveva scavalcato il parapetto del balcone per accedere al lastrico solare: quale che fosse il motivo (trasgressione, noia, depressione determinata dagli stupefacenti volontariamente assunti) che aveva indotto la ragazza a compiere, per la seconda volta (e - quindi - nella piena consapevolezza della condizione dei luoghi), quell'azione imprudente, non si vede perché le conseguenze pregiudizievoli di tale azione debbano ricadere su terzi incolpevoli. 

Le prove assunte in primo grado, infatti, rendevano evidente la consapevolezza dell'attrice di assumere un rischio e di "violare una regola", dato che entrambi (la vittima e l'amico all'epoca diciassettenne), uscirono dalla camera e superarono il terrazzino recandosi sul lastrico solare per fumare "di nascosto", eludendo non solo qualsiasi diligente sorveglianza da parte degli insegnanti, ma anche la "complicità" dei propri compagni. Sotto altro e concorrente profilo, il Ministero ha contestato che si potesse affermare la negligenza del docente accompagnatore per non aver riscontrato la pericolosità di un albergo notoriamente frequentato da farniglie con bambini e ciò soprattutto alla luce del fatto che la polizia giudiziaria, nel corso delle non brevi indagini svolte dopo l'evento avvalendosi di strumenti d'indaqine ben più efficaci di quelli a disposizione del malcapitato docente, aveva escluso la sussistenza di elementi di pericolosità della struttura e la configurabilità di responsabilità penali a carico di chiunque.

L'epilogo della vicenda processuale: La Sentenza 16 gennaio 2015 n. 21 della Corte d'Appello di Trieste


La seconda sezione civile della Corte giuliana ha dovuto dirimere la difficile controversia attenendosi ai vincolanti principi di diritto affermati dalla Cassazione sopra esaminati.
L'iter argomentativo dei giudici del rinvio si è dipanato nella risoluzione delle seguenti questioni: 
a) la responsabilità del gestore della struttura, chiamato a rispondere ai sensi'dell'art.2051 c.c. (responsabilità per danni da cosa in custodia). La disposizione prevede che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia,salvo che provi il caso fortuito.
b) la responsabilità del Ministero, chiamato a rispondere per culpa in viqiìando a titolo contrattuale in ossequio all'ormai consolidato orientamento di legittimità;
c) l'eventuale responsabilità concorrente della danneggiata ai sensi dell'art. 1227 c.c. In particolare, il primo comma dell'art. 1227 c.c. stabilisce che se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e le conseguenze che ne sono derivate.

Queste le parole della Corte d'Appello: .
"La sentenza remittente ha demandato a questo Collegio il compito di valutare la responsabilità dell'albergatore e dell'amministrazione scolastica alla Luce dei 'principi enunciati nei paragrafi 4.5 e 5.5 della motivazione".

 

La responsabllltà del custode

"Il primo principio riguarda la responsabilità del custode della cosa fonte del danno. Nel caso in esame, il giudice di legittimità si è allineato all'indirizzo di gran lunga dominante (omissis) che ritiene la responsabilità ex art. 2051 c.c. di carattere oggettivo,perché l'infortunato ha il solo onere di dimostrare il nesso causale tra il bene in custodia e t'evento dannoso. Nella fattispecie la prova è lampante perché è pacifico che la XXX è caduta dalla cosa e a cagione dei vizi strutturali dell'oggetto, reso evidentemente pericoloso per l'assenza di qualsiasi parapetto o protezione tra l'orlo della copertura delle autorimesse ed il vuoto sottostante, oltre che di una qualsiasi forma di illuminazione che consentisse di percepire, anche al buio, la presenza del dislivello. La manifestata attitudine della cosa a recare danno non era in alcun modo segnalata, né vi era alcuna cautela volta a impedire l'uso anomalo del manufatto, evento facilmente prevedibile per la facile accessibilità al solaio di copertura da parte del fruitore della stanza che si affacciava sul medesimo. Accertato il rapporto causale tra la cosa e l'evento è onere del custode dare la prova del caso fortuito, individuabile anche nel comportamento della vittima che, però, deve essere connotato non solo dalla volontarietà, ma anche degli altri due requisiti del caso fortuito: l'imprevedibilità e l'inevitabilità. Sul punto non vi è alcuna offerta di prova, anzi dalla mera rappresentazione fotografica dei luoghi può desumersi la prevedibilità dello scavalcamento del parapetto (sottile e basso) da parte di adolescenti in gita scolastica e la facile evitabilità dell'uso anomalo mediante la chiusura del balcone con una veranda o con un altro mezzo architettonico. Se questa cautela fosse stata adottata e la XXX avesse rotto i vetri e la chiusura, in tal caso si sarebbe potuto parlare di caso fortuito e l'inevitabilità del gesto avventato da parte dell'utente della stanza".

Sulla base delle considerazioni che precedono, quindi, la Corte d'Appello, in applicazione, del principio enunciato dalla Cassazione al paragrafo 4.5 della Sentenza rernittente ha dichiarato la responsabilità dell'albergatore ai sensi dell'art. 2051 c.c. nella produzione dell'evento.

La responsabilità del Ministero

Quanto alla posizione del Ministero, la Corte d'Appello ricorda che la responsabilità di questo ha natura contrattuale come ritenuto al paragrafo 5.5. della Sentenza remittente "sicché spetta al debitore della prestazione dimostrare l'adempimento, in fallanza incombe al creditore dimostrare il nesso causale tra l'inadempimento e il danno.L'esatto adempimento al dovere di protezione prevede anche l'adozione di misure preventive idonee a scongiurare gli incidenti, tra i quali rientra l'ispezione delle stanze da  parte dell'insegnante che accompagna gli allievi in albergo. Solo in questo giudizio di rinvio il debitore allega (ma non può più provare) l'adempimento, assumendo un'accurata ispezione da parte dell'accompagnatore adulto, al quale però non è stato sottoposto il relativo capitolo di prova quando è stato sentito come teste. In ogni caso, se anche il docente avesse ispezionato lo stanza e l'avesse ritenuta non pericolosa, il giudizio errato si risolverebbe in un inesatto adempimento, perché il risultato avuto di mira dai contraenti (incolumità degli allievi non poteva essere attinto proprio per l'intrinseca inidoneità della valutazione di sicurezza di un compendio abitativo che consentiva agli occupanti della stanza di passeggiare su un solaio di copertura che poteva essere usato come terrazza Pur non avendone i requisiti di sicurezza. Una forma di adempimento alternativa e più blanda consisteva nell'allertare gli allievi - occupanti della stanza - della pericolosità; del balcone e dell'area circostante. Neppure questo è stato fatto sicché può ritenersi accertato l'inadempimento".
A questo punto la Corte esamina il nesso causale tra l'inadempimento del Ministero e l'evento:

 

"Il nesso causale tra l'inadempimento e il danno va saggiato alla luce della prova contro fattuale che risulta favorevole alla creditrice della prestazione. Infatti, Se la stanza fosse stata rifiutata o lo finestra sigillata in qualche modo, la XXX non avrebbe avuto accesso all'area esterna fattore del danno; del pari se l'allieva fosse stata adeguatamente  ammonita, nel caso di scarsa collaborazione dell'albergatore, il comportamento deliberatamente oppositivo della creditrice avrebbe interrotto il nesso causale tra la condotta inadempiente e l'evento dannoso. Va quindi affermata alla luce del principio di diritto consegnato dal giudice remittente lo responsabilità contrattuale dell'appellato Ministero.

La corresponsabilità della vittima

Come più volte richiesto dall'amministrazione e deciso dalla Suprema Corte, il collegio deve quindi affrontare il contributo causale dato alla produzione dell'evento dalla stessa infortunata.
La condotta della ragazza è "connotata da gravi aspetti di imprudenza. Perchè si è avventurata al buio verso l'esterno della terrazza pur avendo avuto modo, alla, luce solare, di percepire direttamente l'assenza totale di protezioni sull'orlo del solaio e le insidie del manto bituminoso del piano di calpestio (canaletta). L'affermata circostanza si desume dalle fotografie, nelle quali è effigiata anche la vittima, scattate proprio in prossimità del balcone,alla luce solare, dalle quali è possibile inferire le condizioni particolarmente pericolose del terrazzo pienamente percettibili da XXx. La sua colpevole condotta ha contribuito - con forza causale determinante - alla produzione del danno che poteva essere evitato se XXX avesse adempiuto alle elementari regole di auto protezione che le imponevano di non inoltrarsi nell'oscurità, ma di rimanere nei pressi del sicuro punto di riferimento rappresentato dal balconcino illuminato dalla luce proveniente dalla stanza".

Accertato il concreto apporto causale dell'infortunata alla causazione del: sinistro, non resta che ripartire in capo a ciascuno dei soggetti coinvolti la quota parte di corresponsabilità. .
"L'apporto causale della vittima non è assente o minimale come sostenuto dall'appellante in riassunzione, ma assume preponderante efficacia causale rispetto alla cosa e all'inadempimento del personale scolastico perché quei fattori causali da soli favorirono l'evento, ma non avrebbero mai potuto produrlo se la danneggiata non avesse - a sua volta - dato l'innesco causale con lo propria imprudenza. S'impone quindi una valutazione della percentuale di concorso di colpa di XXX pari al cinquanta per cento dell'intero.
Il quaranta per cento va attribuito al custode che ha messo a disposizione di adolescenti un ambiente oggettivamente pericoloso perla sua facile accessibilità all'insidioso solaio. Il residuo dieci per cento va attribuito all'inadempimento del Ministero, la cui omissione ha avuto un peso non decisivo, ma il richiamo dell'insegnante avrebbe potuto dissuadere l'allieva dall'adottare un comportamento (uscire sulla terrazza) espressamente vietato con minaccia di controlli telefonici (con l'apparecchio della stanza) e sanzioni disciplinari in caso di inottemperanza".

Prime considerazioni sulla responsabilità dell'Amministrazione Scolastica

Come si è detto, la decisione dei giudici giuliani è stata guidata dai qravosi principi di diritto delineati dalla Cassazione. In particolare, efficacia vincolante e indiscutibile doveva essere riconosciuta alla statuizione con la quale la Suprema Corte aveva delineato il contenuto della prestazione di vigilanza esigibile da parte del docente accompagnatore, tenuto a ispezionare preventivamente le camere della struttura, a chiedere La rimozione della situazione di pericolo o quantomeno, a arnmonire i fruitori della stanza ad astenersi dalla condotta individuata come pericolosa (l'apertura della finestra e il passeggiare al buio nel terrazzino). Sotto questo profilo, la Corte d'Appello aveva le mani legate, ancorché possa apparire discutibile la preclusione probatoria affermata in sentenza a carico del Ministero, posto che l'esiqenza di accertare la preventiva ispezione delle camere e/o l'ammonimento degli allievi si è verificata solo dopo la pronuncia della Cassazione.

Deve tuttavia essere apprezzato il coraggio della Corte d'Appello nell'aver sensibilmente ridimensionato l'apporto causale della scuola alla causazione dell'evento dannoso, circoscritto nella misura del dieci per cento in una controversia molto delicata sul piano umano. Non era affatto scontato, infatti, che i giudici di merito dichiarassero così nettamente la preponderante responsabilità della vittima, risultata inadempiente alle elementari regole di auto protezione. Si può dunque affermare che la Corte abbia accolto nella sostanza le difese del Ministero, evidenziando
la specifica responsabilità individuale della ragazza che, pur non ignorando lo stato dei luoghi, decise di avventurarsi al buio fuori della finestra. 

In tal modo la Corte ha valorizzato l'art. 1227, co. 1, del codice civile, norma che enfatizza, il "fattore umano" riconducibile al creditore nell'ambito del rapporto contrattuale che, per giurisprudenza consolidata, astringe la scuola ai suoi allievi. Ne esce così confermata giuridicamente l'impostazione negoziale dei rapporti scuola famiglia più volte suggerita anche dalla redazione, impostazione fondata sulla preventiva, fissazione di regole di condotta esigibili non solo da parte della scuola, ma anche dai suoi utenti.
Tali regole "d'ingaggio", per poter costituire apprezzabili elementi di persuasione del magistrato in senso favorevole dell'amministrazione, devono essere declinate nel Piano dell'Offerta Formativa, nel patto di corresponsabilità e in eventuali ulteriori documenti da predisporre e condividere con alunni e genitori in vista di eventi particolari quali, ad esempio, i viaggi d'istruzione. In questa prospettiva devono essere interpretate le parole della Corte: "del pari se l'allieva fosse stata adeguatamente ammonita, nel caso di scarsa collaborazione dell'albergatore, il comportamento deliberatamente oppositivo della creditrice avrebbe interrotto il nesso causale tra la condotta inadempiente e l'evento dannoso".

La buona prassi suggerisce quindi di adottare una "formula d'impegno" idonea a mettere in luce alcuni fondamentali obblighi comportamentali dell'allievo, la cui violazione potrà essere valorizzata dalla scuola, alternativamente, come indice di una culpa in educando dei genitori, come elemento rivelatore di una corresponsalbilità dello studente nella causazione del sinistro ai sensi dell'art. 1227, co. 1, del codice civile o, infine, come fattore escludente ogni nesso causale tra sinistro e condotta della scuola.
Nella medesima direzione si pone la recente Sentenza n. 678/2014 con la quale la Corte d'Appello di Trieste (confermativa della Sentenza n. 530/2013 del Tribunale di Trieste) ha respinto la domanda risarcitoria per un infortunio occorso a uno studente :di terza media al termine delle lezioni e dopo l'uscita dall'istituto per avere il genitore preventivamente richiesto e ottenuto l'autorizzazione del figlio al rientro a Casa in autonomia dichiarando "di aver valutato le caratteristiche del percorso casa scuola e dei potenziali pericoli e di non aver rilevato situazioni di rischio e di
essere consapevole che il ragazzo conosce il percorso e ha maturato, attraverso una specifica preparazione,competenze motorie, capacità attentive e di valutazione dei pericoli, sufficienti per rincasare autonomamente".
In questo caso, il rilascio della formula d'impegno da parte della famiglia è stata ritenuta idoneo a escludere il nesso causale tra sinistro e condotta della scuola.



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A cura di Ing. Pasquale Francesco Costante
2011.
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