Gli elementi identificativi del mobbing secondo la Corte di Cassazione Civile

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Gli elementi identificativi del mobbing secondo la Corte di Cassazione Civile

BY  · 31 OTTOBRE 2014

Claudio Ramelli

Esperto di diritto penale di impresa, esercita la libera professione in particolare svolgendo l'attività di difesa tecnica concernente i profili di responsabilità connessi alla violazione delle norme incriminatrici in materia di reti ambientali, sicurezza sul lavoro, diritto penale tributario e societario, responsabilità penale dell'impresa ai sensi del D.Lgs. 231/2001.

 Con  la  recente  sentenza n. 20230/14  pubblicata  il  25 settembre  2014, la  Corte di Cassazione – Sezione lavoro è intervenuta nuovamente per definire il perimetro del “mobbing” argomento di grande attualità non sempre percepito dagli utenti della giustizia in linea con i presupposti richiesti nei giudizi  incardinati davanti al Giudice del lavoro.

Da quanto si può evincere dalla sintesi dello svolgimento del processo riassunto nella sentenza oggetto di commento, la fattispecie introdotta dal ricorrente prima  nei gradi di merito poi in sede di legittimità, riguardava avvenimenti e comportamenti del datore di lavoro denunciati come persecutori che né il Tribunale di Roma, né la Corte territoriale, avevano considerato integrare l’ipotesi di mobbing in assenza della prova del collegamento tra la condotta datoriale e l’intento finalistico di risolvere il rapporto, difettando, altresì, la prova del  nesso di causalità tra la pretesa condotta persecutoria e l’integrità psicofisica del lavoratore.

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